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In piena notte ci hanno lavorato, per rimettere ancora mani, per l’ennesima volta, sull’ormai scempiato testo del decreto 28/2010 in materia di mediazione obbligatoria.

Dopo il decreto del fare, che in 8 chiari punti delineava le novità principali della risorta mediazione obbligatoria con una sintesi di tendenziale rispetto ai principi espressi dalla nota sentenza della Corte Costituzionale che ne aveva decretato l’incostituzionalità, ecco che nuovamente si va a ritoccare il decreto del fare (complici le enormi pressioni (e scioperi) esercitati dall’O.u.a. e dalle associazioni rappresentative della classe forense).

Nella notte tra il 15 ed il 16 luglio le riunite commissioni I e V hanno discusso ed approvato le proposte di emendamento al dd fare.

All’entrata in vigore differita di 30 giorni rispetto all’avvenuta conversione in legge seguono le varie proposte di emendamento che verranno discusse in aula il prossimo 18 luglio. Di seguito, una breve sintesi delle novità principali.

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[vc_toggle title=”Proposta conciliativa del mediatore” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Si intende rettificare l’art. 1 comma 1 del d.lgs. 28/2010 sulla base del fatto che la eventuale “proposta del mediatore” non costituisce di per sé “mediazione”, bensì è l’eventuale sbocco finale di una procedura (ben più complessa) di mediazione. La norma dovrebbe così risultare:

«a) mediazione: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa»

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[vc_toggle title=”Competenza per territorio degli organismi” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Non si potrà più scegliere liberamente l’organismo di mediazione cui rivolgersi, anche su base extraterritoriale. Dalla proposta di modifica dell’art. 4 comma 1 d.lgs. 28/2010 risulterebbe il seguente testo:

«1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza»

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[vc_toggle title=”Responsabilità medica e sanitaria” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Stanti i dubbi interpretativi insorti sull’estensione ed interpretazione della norma nella versione primitiva, che parlava di “responsabilità medica”, si vorrebbe intervenire specificando all’art. 5 comma 1 del decreto, che le cause di risarcimento danno soggette al tentativo obbligatorio di mediazione sono quelle correlate a responsabilità medica “e sanitaria”.

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[vc_toggle title=”Assistenza dell’avvocato obbligatoria” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Questo è un punto cruciale, a dire il vero già adombrato (ma non specificato) nella prima versione del dd. fare posto che vi si specificava solo l’obbligo di “firma del verbale” da parte dell’avvocato, per renderlo omologabile avanti al tribunale competente. La proposta di modifica dell’art. 5 comma 1, sarebbe in definitiva questa:

«Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di …, è tenuto assistito dall’avvocato preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero …».

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[vc_toggle title=”Mediazione obbligatoria … per quattro anni” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

La mediazione permane quale condizione di procedibilità in via sperimentale per soli quattro anni al termine dei quali, previo monitoraggio (dopo i primi due) da parte del Ministero si valuteranno ulteriori determinazioni. Quindi al comma 1 dell’art. 5 si inserirebbe questa norma:

«La presente disposizione ha la durata di quattro anni dall’entrata in vigore della stessa. Al termine dei due anni sarà attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione».

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[vc_toggle title=”Mediazione prescritta dal giudice, ma senza indicazione dell’organismo” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Si conferma la norma che prevede la possibilità del giudice di prescrivere (e non “consigliare” o “invitare” le parti alla) mediazione. Viene tuttavia meno l’obbligo di indicare l’organismo di mediazione cui le stesse dovranno rivolgersi.

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[vc_toggle title=”Avveramento condizione di procedibilità” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

La condizione si considera avverata se subito il primo incontro davanti al mediatore si conclude senza l’accordo (questo il tenore del comma 2bis da introdurre in seno all’art. 5).

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[vc_toggle title=”Abrogato l’incontro di programmazione (forse)” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Viene proposta l’abrogazione del c.d. incontro di programmazione, che tanto vespaio aveva sollevato anche in sede di audizione presso la commissione Giustizia. Si prevede l’obbligo di una costante presenza ed assistenza del difensore. A livello procedurale dunque, il comma 1 dell’art. 8 del d.lgs. 28/2010 risulterebbe così rettificato:

«Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti dovranno partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento».

A  dirla tutta, pare in effetti una riproposizione del primo incontro di programmazione, in  salsa più buonista e con buona pace degli avvocati presenti chiamati ad esprimere un giudizio (o forse, una mera opinione non vincolante per il mediatore).

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[vc_toggle title=”Esecutività accordo conciliativo e ruolo dell’avvocato” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Si pone una rettifica consistente della normativa che imponeva l’assistenza dell’avvocato per ottenere l’omologa del verbale. L’art. 12 comma 1 risulta così riformulato secondo la proposta:

«Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico».

Ciò che non si comprende è l’esordio (“ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato”) in quanto pareva di comprendere che l’assistenza del difensore fosse sempre obbligatoria, in ogni fase.

Aspetto importante certamente, è il fatto che il titolo valga anche per iscrivere ipoteca giudiziale e che gli avvocati ne certifichino la conformità alle norme imperative ed all’ordine pubblico.

Sotto questo profilo, pertanto, cambia e viene in qualche modo “sminuita” (o sgravata di responsabilità) la posizione del mediatore che non è più garante (o certo, l’unico garante) della conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.

In tal modo, il professionista della mediazione potrà concentrarsi maggiormente sulle tecniche e sull’empatia da creare con le parti, preoccupandosi meno e, comunque, condividendo con gli avvocati, con il supporto della norma qui mutata, le eventuali perplessità circa la validità o meno dell’accordo raggiunto in sede di procedimento.

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[vc_toggle title=”Formazione del mediatore – avvocato” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Come è noto, secondo il decreto del fare gli avvocati sono mediatori di diritto. Tuttavia, la proposta emendativa approvata prevede che alla disposizione predetta (comma 4 bis art. 16 d.lgs. 28/2010) si aggiunga la seguente:

«Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò focalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

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[vc_toggle title=”Quando la mediazione è gratis ovvero, storia di un organismo professionale, qualitativo (… e povero)” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Altra nota dolente, per gli organismi di mediazione. Si vorrebbe inserire il comma 5 bis nell’art. 17 del d.lgs. 28/2010 ed a modifica di quanto previsto dal dd fare, con la seguente previsione:

«Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione». Quindi differentemente da quanto previsto dal Governo che aveva indicato indennità minime per tale ipotesi, si perviene a proporre una assoluta gratuità che viene di fatto riversata sugli organismi di mediazione ai quali per contro si richiede professionalità e qualità.

Si segnala che il Presidente e relatore on. Sisto in sede di discussione ha precisato che «il termine compenso esclude la parte relativa al rimborso delle spese sostenute, riferendosi espressamente all’indennità di mediazione».

Ma quindi, non si è ben compreso: l’incontro preliminare è stato soppresso, o non lo è stato ? E se lo è stato, per qual motivo il primo incontro non dovrebbe già essere considerato “mediazione” vera e propria facendo così maturare il diritto al compenso ? Comunque, sia consentita una battuta ironica sulla proposta di emendamento, laddove afferma che i costi della procedura in questi casi, debbano “ricadere sugli organismi di mediazione ai quali per contro si richiede professionalità e qualità” (… e soprattutto, la virtù francescana della “povertà”).

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[vc_toggle title=”Conciliazione ed usucapione” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

In sede di prima applicazione del decreto 28, aveva destato molti dubbi anche in seno alla giurisprudenza, la concreta operatività della normativa con riferimento alle cause di “usucapione”. Il dubbio era se l’accordo in merito all’usucapione fosse o meno trascrivibile (tesi quest’ultima, risultata prevalente). La proposta emendativa approvata prevede che all’art. 2643 primo comma del codice civile, dopo il n. 12 sia inserito il 12 bis del seguente tenore:

«12-bis) l’accordo che accerta l’usucapione con la sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».

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[vc_toggle title=”Proposta conciliativa giudiziale” open=”false” width=”1/1″ el_position=”first last”]

Su tale punto ci si era già espressi in un precedente articolo, in termini molto critici.

E su tale punto, il legislatore pare avere preso spunto da dette critiche allorché ha pressoché rivoluzionato la modifica dell’art. 185 bis cpc di fatto, già operativa dal 22 giugno scorso (tanto che alcuni giudici già l’avevano applicata).

Invero la proposta transattiva o conciliativa del giudice non “deve” essere formulata, ma “può” esserlo, ossia diviene meramente discrezionale.

Quindi:

Il giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando è esaurita l’istruzione, «formula alle parti ove possibile, avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia ed alla esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto» una proposta transattiva o conciliativa.

Si è proposta altresì la soppressione del secondo periodo della norma indicata (che dispone: «Il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio»).

Infine, per evitare le ipotizzate problematiche (vedasi ns. articolo sopra richiamato) connesse all’imparzialità del giudice che formula una siffatta proposta, si propone l’introduzione del comma 2 in base al quale «La proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione od astensione del giudice».

Su tale ultimo punto, per dirla tutta, vi sarebbe qualche sospetto di legittimità costituzionale da valutare. Ma forse, quando questi ultimi passaggi venivano approvati, era notte fonda, come lo è adesso.

Vedremo se la discussione in aula, porterà più miti e saggi consigli.

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articolo postato da avv. Filippo Martini

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