Integra il delitto di cui agli artt. 3, comma primo, L. n. 654 del 1975 e 13, L. n. 85 del 2006, la condotta del consigliere comunale che durante la seduta consiliare diffonda idee fondate sull’odio e sulla discriminazione razziale nei confronti di comunità rom e sinti, con frasi generalizzate, afferenti all’etnia, offensive non solo della dignità delle persone, ma altresì additive di inferiorità legate alla cultura e tradizioni di un popolo.

Il reato di cui all’art. 3, lett. a), L. n. 654 del 1975 non esclude dall’alveo precettivo una isolata manifestazione e connotazione razzista, poiché l’elemento che caratterizza la fattispecie è la propaganda discriminatoria, intesa come diffusione di una idea di avversione tutt’altro che superficiale, indirizzata non già verso un gruppo di determinati soggetti, ma avverso la collettività di appartenenza degli stessi e, dunque, verso il loro modo di essere, verso la loro etnia, con avversione apertamente argomentata sulla ritenuta diversità ed inferiorità di essi.

È configurabile il reato di propaganda di idee discriminatorie, previsto dall’art. 3, comma primo lett. a), della L. n. 654 del 1975, nell’affissione di manifesti sui muri della città del seguente tenore: “No ai campi nomadi. Firma anche tu per mandare via gli zingari.

Quelli sopra citati, sono solo alcuni esempi di sentenze pronunciate dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. penale, in tema di reati di discriminazione razziale ed etnica … e, dovremo dire fra pochi giorni, “fondati sull’omofobia o transfobia”.

Basterà cambiare alcune semplici parole dai testi sopra enunciati, che un’ipotetica, futura sentenza in tema potrebbe così risultare:

Integra il delitto di cui agli artt. 3, comma primo, L. n. 654 del 1975 e 13, L. n. 85 del 2006, come recentemente modificati, la condotta del ministro del culto (o del fedele alla religione cattolica) che durante la celebrazione di una Messa  (o in un incontro di catechesi aperto al pubblico),  diffonda idee fondate sulla discriminazione omofoba nei confronti di persone omosessuali e transessuali con frasi generalizzate, afferenti all’identità di genere, alla supposta superiorità del genere “famiglia” formato da uomo e donna, a dispetto del concetto di “famiglia” o “unione” costituita tra persone dello stesso sesso, in quanto offensive non solo della dignità delle persone, ma altresì additive di inferiorità legate all’identità di genere.

E così pure, chi scrivesse su carta stampata, blog, articoli, che la famiglia è l’unione naturale tra un uomo ed una donna, tesa alla procreazione e alla stabilità dell’unione, rischierebbe di affermare un concetto (negandone implicitamente  un altro, ossia che si avvicini all’idea di famiglia, l’unione di fatto tra persone del medesimo sesso) tale da poter essere tacciato di illiceità penale e perseguito.

Il disegno di legge in via di approvazione, che infatti, introduce ovunque le parole “o fondati sull’omofobia o transfobia“, sostanzialmente modifica il testo delle norme “antidiscriminazione” ponendovi anche le dichiarazioni sospette di critica rispetto alle opinioni di chi ritenga che la famiglia, è anche l’unione stabile tra persone del medesimo sesso ovvero rispetto a chi ritenga non  analogo, per un figlio, crescere nel contesto di un’unione tra uomo e donna piuttosto che tra persone omosessuali.

Volendo azzardare un’analisi della norma, sia pure non ancora divenuta legge per lo Stato, si potrebbe censurare una carenza di contenuto, per il fatto che, se per il legislatore necessita di tutela la persona omosessuale o transessuale, a fronte di condotte delittuose specificamente perpetrate in ragione del suo genere o identità sessuale, occorrerebbe, del pari, prevenire il rischio che un domani persone dall’identità sessuale corrispondente al proprio genere naturale (uomo – uomo / donna – donna), magari uniti in una famiglia, con dei figli, possano subire un’analoga discriminazione al contrario.

Il fatto che la persona omosessuale debba, secondo il legislatore, ottenere una tutela specifica e specificamente volta a reprimere ogni condotta che (per esaltare le diversità) ne identifichi in sostanza una debolezza necessitante di tutela, non dovrebbe tradursi al contrario, in un meccanismo di imposizione di forme, manifestazioni anche pubbliche, regimi formativi di tipo scolastico ed educativo tali per cui, per tutti, assolutamente, deve valere (si ipotizza un esempio) l’insegnamento o la materia di studio che esalti il concetto di “genere” e di “identità” sessuale, per così “non fare sentire discriminato” chi (magari uno, due su un contesto di centinaia di persone) possa percepire un disagio da una diversità che è manifesta (e che in certi casi, addirittura, viene ostentata come tale dallo stesso soggetto che magari, un minuto dopo, si sente discriminato).

In effetti, se da un lato si volesse cercare un “buon intento” del legislatore nel fare si ad ogni costo che le persone con tendenze omosessuali o altro vengano discriminate o peggio ancora, per via del proprio status, tuttavia, a contrario va anche affermato che l’ostentazione di sfilate o manifestazioni pubbliche (es. “gay pride“) talvolta, per certi eccessi ben visibili, può rischiare di apparire altrettanto violenta in senso opposto.

Gli accadimenti di Francia molto recenti, in cui persone venivano disperse, talvolta arrestate per il fatto di manifestare pacificamente contro le leggi del governo Hollande sui temi etici qui trattati, non costituiscono, forse, analogo fenomeno di discriminazione al contrario nei confronti di chi (forse la maggioranza) reputa di rimanere ancorato a concetti tradizionali e naturali di famiglia, matrimonio, filiazione ? Cosa sarebbe accaduto se fossero stati dispersi o rinchiusi attivisti omosessuali nel corso di un gay pride, volto a manifestare contro un progetto di legge teso ad esaltare la famiglia e la differenza uomo – donna nell’ambito della stessa ? Tutti si è uguali di fronte alla legge, o qualcuno è più uguale ?

Si lascia volutamente questa piccola provocazione, in quanto il timore è che un domani si possa pervenire alla situazione paradossale per cui saranno le famiglie a pretendere un’integrazione del testo di legge sulle discriminazioni, per invocare propria tutela da forme di  …  “famigliafobia“.

 

                articolo postato da Avv. Filippo Martini