Alcune pronunce significative della Corte di Giustizia CE ci guidano a comprendere per quale motivo l’obbligatorietà della mediazione, non si ponga in contrasto netto con il principio di libero accesso alla giustizia da parte dei cittadini.

Secondo un primo principio che potremmo definire “generale”, la Corte ha affermato che

spetta all’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, fermo restando che, tuttavia, gli Stati membri sono tenuti a garantire in ogni caso la tutela effettiva di tali diritti. Sotto tale profilo, come risulta da una giurisprudenza consolidata, le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Tali esigenze di equivalenza e di effettività esprimono l’obbligo generale per gli Stati membri di garantire la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza del diritto dell’Unione. Esse valgono sia sul piano della designazione dei giudici competenti a conoscere delle azioni fondate su tale diritto sia per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali” (C. giust. CE, sez. IV, 18 marzo 2010, C-317/08, Alassini, eur-lex.europa.eu).

Posto tale principio, la medesima Corte interviene peraltro a specificare l’ambito di operatività dei diritti fondamentali e delle eventuali limitazioni ad essi

“Secondo una giurisprudenza costante, i diritti fondamentali non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste corrispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti

Lo stesso Avvocato generale della Corte, nelle proprie conclusioni rese all’udienza del 19 novembre 2009 evidenziava che

“tra lo scopo perseguito di una soluzione della controversia più rapida, con costi più contenuti e funzionale agli interessi, e i possibili svantaggi dell’obbligo di esperire una procedura di conciliazione obbligatoria non sussiste alcuna sproporzione manifesta”

Si comprende pertanto che l’effettività della tutela giurisdizionale costituisce un principio che deriva dagli assetti costituzionali degli Stati membri e va apprezzata in concreto, alla luce dello specifico procedimento di volta in volta approntato dall’ordinamento per garantire la tutela dei diritti soggettivi. Come afferma la più accreditata dottrina

Se, quindi, l’ordinamento interno mette in atto un meccanismo che impone al singolo il ricorso alla conciliazione prima di adire il giudice non si verifica alcuna violazione di un diritto fondamentale se l’individuo ha poi la possibilità di ricorrere in sede giurisdizionale, se non vi è un eccessivo allungamento dei tempi processuali e i costi non sono troppo ingenti” (Castellaneta, La soluzione extragiudiziale delle controversie realizza pienamente l’obiettivo della riforma, in Guida al dir., 14/2010).

Sebbene la sentenza sopra richiamata, riguardi il solo e limitato ambito delle comunicazioni elettroniche, dalla stessa è possibile ricavare, e vi è chi ha ricavato, una serie di principi applicabili a tutte le fattispecie similari

“I giudici delle Comunità europee hanno deciso che l’imposizione del previo tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie tra utenti finali e fornitori di servizi di comunicazione è conforme al diritto comunitario purché il procedimento extragiudiziale di conciliazione:

    1. non conduca a una decisione vincolante per le parti;
    2. non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale;
    3. sospenda la prescrizione dei diritti in questione;
    4. non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti;
    5. sia accessibile con modalità diverse dalla via elettronica;
    6. non precluda la possibilità per il giudice di “disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone” (Finocchiaro G. Un’interpretazione dei giudici di Lussemburgo in linea anche con i parametri costituzionali, in Guida al dir. 14/2010).

Per concludere, varrà certo richiamare quanto afferma la più accreditata dottrina in tema di mediazione obbligatoria, con ampi richiami giurisprudenziali e normativi

“In effetti, le disposizioni comunitarie sui mezzi di ADR (tra cui le raccomandazioni 98/257/CE2001/310/CE) dichiarano che le «procedure extragiudiziali» non possono né devono sostituire le procedure giudiziarie, per cui a coloro che ricorrono alla mediazione non deve essere comunque negato il diritto di promuovere un giudizio davanti agli organi giurisdizionali. Anche il procedimento di mediazione introdotto dal d. lgs. n. 28/2010 va in questa direzione. E, quindi, non si comprende per quale motivo i Giudici nazionali dovrebbero essere chiamati a disapplicare le norme italiane, in presenza di disposizioni che non rappresentano affatto una violazione dei diritto comunitario, anche in considerazione delle affermazioni rese dalla Corte del Lussemburgo nell’analizzare il sistema italiano. Sotto questo profilo, si ricorda che la Corte di Giustizia ha affrontato il tema della disapplicazione delle norme interne, delineando i confini del vincolo cui sono sottoposti i Giudici nazionali nel dar priorità alle disposizioni comunitarie, in presenza di una dichiarazione di illegittimità comunitaria da parte dei Giudici del Lussemburgo (in tal senso, ad esempio: Corte Giust., 8 novembre 2007, causa C-20/05, Schwibbert contro Italia). In questo senso, già in una celebre sentenza del 1996, la Corte aveva sottolineato che «nell’ordinamento giuridico comunitario 

[…] tutti gli organi dello Stato […] sono tenuti, nell’espletamento dei loro compiti, all’osservanza delle prescrizioni dettate dal diritto comunitario» (Corte Giust., 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur SA e Factortame). (Andrea Sirotti Gaudenzi, La previsione dell’obbligatorietà non è contraria ai principi comunitari, in Adr Magazine n. 1 dicembre 2011 pag. 3).

Sulla base dei principi enunciati, deve pertanto escludersi che l’obbligatorietà della mediazione, ove rispetti le condizioni specificate, possa ritenersi contraria ai principi interni, costituzionalmente tutelati, di libero diritto di accesso alla giustizia ordinaria.