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Recentemente, l’associazione Giuristi per la Vita in persona del suo presidente avv. Gianfranco Amato e con il contributo di alcuni associati, ha presentato un’istanza alla Corte Costituzionale per ottenere la designazione di un curatore speciale, in favore di 9 embrioni (in calce, il testo del comunicato stampa ufficiale). La notizia ha avuto ampio risalto su vari media nazionali (Tempi, La nuova bussola quotidiana, Radio Vaticana, Cultura cattolica, Avvenire), taluni anche critici (Associazione Luca Coscioni, Blog il Giornale).

Il caso si segnala in quanto per la prima volta, a livello strettamente processuale, si entra a pieno titolo nella querelle relativa alla natura umana e vitale nonché alla soggettività giuridica dell’embrione, quale forma vivente che inevitabilmente, se lasciata progredire nel naturale processo di sviluppo è destinata a crescere e completarsi divenendo così pienamente autonoma.

Uno dei concetti cardine dell’istanza, è che anche il soggetto embrione è portatore di un interesse giuridico e quindi di un diritto (da esercitarsi per il tramite di un rappresentante, ossia appunto un curatore speciale) ad esprimersi in contraddittorio, nell’ambito di processi che ne determino, nel concreto, le possibili sorti future in termini di vita o di distruzione.

E’ noto che il principio del contraddittorio trova pratica applicazione in ambito processuale, nell’art. 102 del codice di procedura civile che disciplina il litisconsorzio necessario ed è norma fondamentale “in bianco” poiché soccorre in tutti quei casi in cui “il rapporto giuridico dedotto e la situazione strutturalmente comune a una pluralità di soggetti, fanno si che “la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi (Cass. 4 gennaio 2005 n. 121, Guida al dir. 2005 fasc. 18, 69).

Ciò varrà certamente, secondo il substrato specifico dell’istanza, così come in tutte quelle fattispecie in cui la normativa vigente vorrebbe imporre un ipotetico “bilanciamento” di posizioni tra la madre ed il feto (es. legge sull’aborto) e tra la conservazione della vita nascente, concepita, e la scienza (es. legge sulla procreazione medicamente assistita): il sol fatto che si parli di “bilanciamento di interessi”, implica che vi sono due diritti e due posizioni giuridiche “in gioco” da bilanciare tra loro, una delle quali, appunto, concerne sempre il soggetto o parte più debole del processo, ossia il feto, ossia l’embrione.

Sotteso all’istanza, vi è il concetto per cui, nel caso in cui i principi di rango costituzionale e pubblico, sopra enunciati, non vengano rispettati vi saranno immediate e dirette (nonché gravi) ripercussioni a livello processuale: le parti istanti, non otterrebbero una sentenza utilmente finalizzata a conseguire “il bene della vita” (se così lo si può definire) rivendicato in giudizio, posto che la stessa sarà “inutiliter data” e dunque non avrà alcun effetto giuridico nei confronti del soggetto, rimasto pretermesso dal giudizio stesso, appunto, l’embrione.

Se volessimo ricercare delle casistiche pratiche, equiparabili al tema qui in esame, potremmo riferirci alla designazione del curatore speciale del minore nei giudizi di opposizione sullo stato di adottabilità. Appare evidente come in tutte queste fattispecie, si controverta in ordine allo status del figlio dichiarato “adottabile” da un tribunale. In tali situazioni, che hanno ad oggetto diretto, una situazione incombente e gravante sul figlio, la legge prevede la nomina di un curatore speciale che salvaguardi gli interessi del minorenne. In particolare, la Suprema Corte ha di recente affermato che “il curatore speciale del minore, nominato a seguito dell’opposizione avverso la dichiarazione dello stato di adottabilità, ai sensi dell’art. 17, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 – nel testo, applicabile “ratione temporis”, anteriore alla sostituzione operata dall’art. 16 della legge 28 marzo 2001, n. 149, – assume nel relativo giudizio, e perciò anche in sede di impugnazione (ricorso in appello e per Cassazione) agli effetti dell’art. 331 c.p.c., la veste di litisconsorte necessario” (Cass. 18.12.2003 n. 19437).

Orbene, nella pronuncia indicata, così come in molte altre intervenute a tema, il minorenne assurge a parte essenziale e dunque litisconsorte necessario nel processo che lo concerne e ne concerne lo status. Se ciò è vero, e dunque, se vi è un conflitto di interessi, o anche solo un potenziale conflitto genitore / figli in procedimenti di stato, a fortiori, sarebbe impossibile non ravvisarlo nei procedimenti che hanno a tema la sussistenza in vita di soggetti indifesi, totalmente inermi, “rei” unicamente di non avere ancora la capacità di proferir parola o gesto utile ad esprimere un “consenso informato” o meglio un fermo diniego ed evitare così la loro manipolazione / soppressione sul nascere.

Ciò e tanto più vero, nel regime di grave incertezza e dibattito scientifico – filosofico – giuridico, sullo status dell’embrione umano, qualificato come persona – certamente da chi scrive – ma evidentemente non da tutti, il che rende ancor più importante la garanzia di un regolare e pieno contraddittorio processuale.

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COMUNICATO STAMPA 11-2013

Il 4 ottobre 2013, il Presidente dei Giuristi per la Vita, avv. Gianfranco Amato, ha presentato al Presidente della Corte Costituzionale un’istanza con cui chiede la nomina di un curatore speciale per la difesa di nove embrioni, attualmente congelati e custoditi presso un centro per la fertilità di Firenze.

Gli embrioni sono stati prodotti con la fecondazione in vitro insieme ad un decimo, già morto, approfittando dell’eliminazione del divieto di produrre più di tre embrioni per ogni ciclo, da una coppia della quale un componente è affetto da patologia genetica; cinque di essi sono risultati affetti da quella patologia, mentre la condizione degli altri quattro è rimasta ignota. La coppia ha chiesto al Tribunale di Firenze di sancire il diritto della donna a rifiutare l’impianto di quei nove embrioni e di autorizzarla a produrre altri embrioni; inoltre ha chiesto di affermare il diritto dei genitori a destinare i nove embrioni alla ricerca scientifica indirizzata alla cura della patologia genetica da cui sono affetti.

Il Tribunale di Firenze, nel sollevare la questione di costituzionalità, sostiene che la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale è illegittima perché non permette alla coppia di revocare il consenso al trattamento dopo che il concepimento è avvenuto e non permette di destinare gli embrioni non utilizzati alla ricerca scientifica.

L’ordinanza del Giudice di Firenze mira a “chiudere il cerchio” aperto da quelle emesse da altri giudici civili: ottenuta l’autorizzazione a creare più di tre embrioni per ogni ciclo, se ne producono nel numero più alto possibile, si sottopongono alla diagnosi genetica preimpianto, si selezionano e di essi si fa quello che più interessa: si possono utilizzare per instaurare una gravidanza (altri giudici cercano, nel frattempo, di abbattere il divieto di fecondazione eterologa), ma anche per la “ricerca scientifica”, espressione niente affatto specificata ma che contempla con assoluta certezza il risultato finale della morte dell’embrione, congelato, sezionato, “dissolto”, ma anche sottoposto alle sperimentazioni più varie (possiamo dimenticare che, in altri paesi, alcuni “ricercatori” sono giunti ad impiantare embrioni umani nell’utero di scimmie?); utilizzati gli embrioni creati in un ciclo, se ne potranno produrre altri – perché si sa, la ricerca scientifica cerca sempre nuovo “materiale”.

Con l’istanza al Presidente della Corte Costituzionale, i Giuristi per la Vita vogliono rilanciare concretamente due affermazioni, vere e necessarie.
1) Gli embrioni umani non sono “materiale” e non sono nemmeno “cose” di proprietà dei genitori che li hanno prodotti: sono esseri umani vivi, cui deve essere riconosciuta la dignità che spetta a tutti gli uomini. Questa dignità non viene meno se l’uomo è malato o debole; anzi: la civiltà di una nazione si misura proprio dalla sua capacità di tutelare e difendere i deboli dalle aggressioni da parte dei più forti.

2) Un processo non è giusto se non garantisce un effettivo contraddittorio tra tutti gli interessati: lo dice solennemente l’art. 111 della Costituzione. Tutte le cause civili promosse per far cadere i fragili paletti della legge 40 sono controversie fittizie, nelle quali i promotori – le coppie che si sottopongono alla fecondazione artificiale – sono d’accordo con i convenuti – le cliniche di fertilità: gli operatori, infatti, vogliono riprendere in pieno le pratiche che già prima della legge svolgevano e non hanno mai spento i frigoriferi per gli embrioni, ben consapevoli della concorrenza internazionale e della lucrosità di questa attività (ora, per di più pagata in parte dallo Stato).

Ma queste pratiche hanno delle vittime: gli embrioni; essi, che già hanno visto violato il proprio diritto ad essere generati naturalmente, devono avere, almeno, una chance di nascere, con il trasferimento nel corpo della donna. Certamente gli embrioni hanno diritto a non essere uccisi, a non essere sottoposti a sperimentazione, a non essere dissezionati e dissolti!

Solo un curatore speciale – una figura creata per tutelare i diritti dei minori quando la volontà dei genitori entra in conflitto con i loro interessi – può contribuire a difenderli, intervenendo nel giudizio e rappresentando ai giudici il loro punto di vista sulle domande presentate.

I Giuristi per la Vita si sono rivolti al Presidente della Corte Costituzionale con fiducia: per la prima volta, la Corte Costituzionale può concretamente realizzare quella tutela dei diritti fondamentali dell’embrione che, in numerose pronunce, quell’alto consesso ha solennemente proclamato; lo può fare perché la legge 40 riconosce gli embrioni “soggetti di diritto” (che, quindi, possono intervenire in una controversia) e perché i nove embrioni sono lì, davanti a tutti, vivi e in attesa che gli adulti decidano della loro sorte.

Inoltre la Corte Costituzionale può ricordare ai giudici che le cause non servono a scardinare le leggi dello Stato, ma a risolvere controversie, e che, di fronte a evidenti tentativi di strumentalizzazione della funzione giudiziaria, occorre avere riguardo alla tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, soprattutto quelli più deboli.

 

IL PRESIDENTE

Avv. Gianfranco Amato 

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articolo postato da Avv. Filippo Martini

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