Il mediatore è un professionista preparato, formato ed aggiornato sulle tematiche e sulle tecniche di mediazione, che coadiuva le parti nell’ambito di un negoziato diretto affinché ricerchino e raggiungano la definizione conciliativa di una vertenza.

Al momento del conferimento dell’incarico, l’ente di mediazione non sceglie il mediatore a caso, ma sulla base di specifici parametri. Innanzi tutto, l’articolo 3 del decreto legislativo 28/2010 (qui il link diretto al testo integrale del decreto) prevede che il regolamento dell’ente debba specificare le modalità di nomina del mediatore che ne assicurino l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito svolgimento dell’incarico.

Più precisamente va detto che i mediatori, all’atto dell’iscrizione presso un’ente di mediazione optano di potere operare nell’ambito di (massimo) tre delle macrocategorie giuridiche in cui è prevista la mediazione obbligatoria. Inoltre l’ente, curerà di scegliere il mediatore coordinando criteri di turnazione con parametri legati alla valutazione specifica dell’esperienza in relazione al tipo di contenzioso da trattare e alle sue peculiarità, considerando altresì i casi in cui sia opportuno designare un giurista, piuttosto che un tecnico di un settore (ingegnere, geometra, agronomo) o di un altro (medico, chimico, commercialista) ovvero in taluni casi, affiancare due soggetti con specificità distinte (un avvocato e un ingegnere) in co – mediazione, possibilità pure disciplinata dalla normativa vigente (art. 8 comma 1 d.lgs. 28/2010).

Il mediatore, una volta designato, si adopera affinché le parti raggiungano un accordo (art. 8 comma 3 d.lgs. 28/2010) ed evidentemente per potere fare ciò, deve possedere le debite cognizioni delle tecniche e procedure di mediazione.

La professionalità del mediatore trova massima esaltazione nella specifica normativa che definisce gli obblighi che incombono sul medesimo. In particolare, al mediatore è fatto divieto di assumere obblighi diretti e/o connessi direttamente o indirettamente con gli affari trattati. Inoltre è specificato il divieto di incassare somme direttamente dalle parti. Ancora, il mediatore per ogni affare trattato è tenuto a sottoscrivere avanti all’ente di mediazione da cui è stato designato, una dichiarazione di imparzialità rispetto alla procedura e ad informare le parti e l’organismo, di qualsivoglia ragione di non neutralità sussistente all’atto del conferimento dell’incarico o anche sopravvenuta. Il mediatore che formula proposte conciliative nel corso o all’esito della procedura, deve fare sì che le stesse siano rigorosamente conformi alla legge e all’ordine pubblico. Inoltre, è prevista una procedura semplificata di sostituzione del mediatore, su istanza della parte che lo richieda, previa discrezionale valutazione dell’ente preposto alla procedura (cfr. art. 14 d.lgs. 28/2010).

Naturalmente, il presente breve articolo non ha pretese di esaustività rispetto ai numerosi e vincolanti parametri e regole che disciplinano in modo minuzioso e rigoroso, i principi a cui si devono attenere gli enti di mediazione (predisposizione di regolamento interno e di codice etico, strutture idonee a svolgere le mediazioni in più province, personale assunto dipendente adeguato per le mansioni di segreteria e impiegatizie, polizza assicurativa per la responsabilità civile per citarne alcuni) ed anche gli enti di formazione, presso i quali i mediatori si formano con appositi corsi e si aggiornano con cadenza biennale, caratterizzati dalla presenza di corpo docente di elevato livello.  

Più precisamente, sotto il profilo specificamente formativo va detto che il mediatore, oltre al possesso di apposita laurea, per potere divenire tale ed iscriversi all’albo Ministeriale deve seguire un percorso di formazione teorico – pratico di almeno cinquanta ore, sostenendo una prova di esame finale come previsto dall’art. 18 lett. f del d.m. 180 del 18.10.2010 (si riporta il link al completo testo del decreto).

Inoltre, la sua preparazione è assicurata dallo svolgimento delle mediazioni, ma, ancor prima, dalla frequenza obbligatoria per ogni biennio, a corsi di aggiornamento sulle tecniche di mediazione e dalla partecipazione quale “uditore” ad almeno venti procedure di mediazione.

Su tale specifico punto, peraltro, una recente circolare ministeriale (la numero 145 del 20 dicembre 2011 – link) ha previsto parametri interpretativi stringenti e assai rigorosi in merito al tirocinio, specificandone la ratio, finalizzata a fare sì che il mediatore acquisisca esperienza anche osservando altri mediatori alle prese con altre procedure e specifiche tecniche negoziali applicate sul campo.  In particolare precisa la circolare che il mediatore deve curare “una formazione pratica fondamentalmente basata sulla verifica di come altri mediatori, anche essi iscritti, gestissero i diversi momenti del percorso di mediazione, confrontando la propria esperienza pratica con quella di altri mediatori“.

La stessa circolare poi, detta vincoli anche per quanto concerne l’operatività degli enti di mediazione, la selezione dei mediatori e la vigilanza sull’operato di entrambi.

Si può quindi concludere questo ciclo di articoli, preposti ad analizzare le differenze tra procedure di conciliazione e contenzioso  giudiziale, precisando che anche la professionalità della mediazione e dei mediatori è garantita in modo assoluto e vigilata a livello Ministeriale.